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Storie di comunità

Progetto Usignolo

Barbara, 50 anni, coordinatrice del “Progetto Usignolo”

Intervista del gennaio 2021

Per quanto in modo silente e allora non chiaramente comprensibile, il Covid-19 si era affacciato nella nostra quotidianità ben prima di quanto pensassimo. Nei giorni antecedenti il 23 febbraio 2020 avevo registrato un’insolita e sostanziale mancanza di volontari e bambini all’interno delle attività dell’oratorio e in particolar modo all’interno dello spazio compiti per via di varie forme influenzali. D’altra parte, iniziava a esserci nei confronti di questa malattia un po’ di curiosità e timore, che mai avrei pensato potesse raggiungere e travolgere le nostre vite. Ancora oggi sono rammaricata per aver sottovalutato una situazione così delicata e rivelatesi una vera tempesta sulle nostre vite e di aver condiviso questo giudizio affrettato anche con i ragazzi.

Lo spartiacque è stato per noi il 23 febbraio, quando l’Oratorio di Nembro ha chiuso.

Arriviamo a marzo e scopriamo quello che scoprono tutti e cioè che non è proprio una semplice influenza o, meglio, capiamo che non è gestibile come tale. Dai primi di marzo fino ad arrivare ai primi di aprile tutto si è fermato. In questo lasso di tempo c’è il 10 marzo, che è stata per noi la giornata peggiore in assoluto in termini di lutto e dolore e che penso ci ricorderemo per tutta la vita. In quel momento, devo essere onesta, non mi veniva neanche da pensare a cosa poter fare. Ero immobilizzata dal dolore e da tutto ciò che sentivo e vedevo intorno a me. Era come se fossi finita in una bolla, tartassata incessantemente dalle devastanti notizie che continuavano ad arrivare. L’intera comunità nembrese è stata travolta in pieno da questa emergenza e nemmeno noi, come piccola equipe educativa, riuscivamo a elaborare proposte concrete. Abbiamo iniziato solo verso i primi di aprile a concepire dei pensieri propositivi.

Nel frattempo, avevamo delle notizie, peraltro tragiche, ma non riuscivo a capire cosa stesse esattamente succedendo agli altri, e non trovavo il coraggio di telefonare. Potevo riuscire ad escluderne la morte, ma non potevo sapere se fossero malati, ricoverati e, se sì, in quali condizioni.

Verso i primi di aprile ho ricevuto una telefonata da parte di una volontaria e, grazie a lei, riesco ad avere delle informazioni sugli altri e in particolar modo sulle persone più anziane. È da lì che inizia per me un percorso completamente diverso: riesco a sbloccarmi, a rompere finalmente quella bolla che mi aveva tenuta sospesa.

Ci siamo così interrogati su quali necessità fossero nate nei bambini (e nelle famiglie) che solitamente seguivamo, ed erano fondamentalmente due. La prima era di carattere didattico, ossia la necessità di fornire il giusto supporto nello svolgimento dei compiti a casa, mentre la seconda era di carattere pratico, ossia la difficoltà a reperire materiale scolastico.

Prima di tutto abbiamo pensato ad un’offerta di supporto didattico a distanza. È stato un percorso lungo, ma, grazie al supporto di alcuni ragazzi che hanno costruito ad hoc una piattaforma Zoom, siamo riusciti a far partire il progetto poco prima di Pasqua.

L’altra necessità che era venuta a galla era, come dicevo, era di carattere più pratico. I nostri bambini non andavano a scuola, neanche quelli della primaria, e abbiamo iniziato a capire che c’erano delle famiglie che non riuscivano né a fare videochiamate (o comunque a mantenere un contatto con gli insegnanti), né tantomeno ad avere il materiale scolastico necessario: scarseggiavano i pastelli, i pennarelli e le matite per fare i compiti, mancavano le fotocopie, perché non c’erano stampanti in casa o l’inchiostro era finito.

Così abbiamo attivato un numero di cellulare “emergenza usignolo”. Supportati ovviamente dei Servizi Sociali del comune, abbiamo scelto alcuni volontari adulti provenienti dai diversi quartieri di Nembro, così che potessero muoversi il meno possibile sui vari punti del paese, e che, con tanto di cartellino di riconoscimento, si sono presi la responsabilità di recapitare a casa il materiale richiesto dalle famiglie in difficoltà.

In tutto questo c’è stata anche la necessità di attivare un sostegno alla programmazione e all’utilizzo dei nuovi mezzi di comunicazione. In collaborazione con le scuole, ci siamo infatti attivati per sostenere le famiglie che avevano ricevuto un tablet o un PC insegnandogli ad usarlo. Abbiamo trascorso queste ore cercando di dare una mano e cercando di essere il ponte, il collegamento tra chi proprio non aveva mezzi di comunicazione e le maestre. Nell’ambiente scolastico c’era tanta disorganizzazione, non certo per colpa di qualcuno.

Penso che questo difficile periodo abbia arricchito un po’ tutti. Io, per esempio, ho iniziato ad instaurare un nuovo rapporto con le famiglie che hanno richiesto e accettato il nostro aiuto. Sembra banale, ma anche solo l’uso del cellulare in sostituzione alla mail (di cui per altro c’era un digiuno assoluto) ha fatto una grande differenza. L’uso della linea dedicata e di WhatsApp, nello specifico, si è rivelato essenziale per costruire una comunicazione diretta e immediata, e continua tutt’oggi. In questo modo siamo anche riusciti a tutelare la privacy di tutti.

Usciti dalla prima fase emergenziale, abbiamo poi ricontattato i volontari, e non è stato facile né per noi, né per loro. Non è semplice rimettersi a disposizione correndo comunque dei rischi, perché l’emergenza sanitaria non è finita, e non è stato facile per me trovare le parole per consolarli o per spingerli ad andare avanti.

Così abbiamo continuato fino alla fine di maggio/inizi di giugno.

La nostra piattaforma per le videochiamate è stata strutturata ad hoc per le nostre necessità. Innanzitutto, nessun utente ha i dati del volontario e viceversa. Anche se poi la realtà è stata leggermente diversa (perché magari qualche genitore ha recuperato il numero dell’educatore per necessità o conoscenze comuni), abbiamo cercato di garantire la privacy di tutti (incontrandoci anche per strada per far firmare il modulo corrispondente). Questa piattaforma mi permette di vedere il calendario condiviso delle lezioni (su GoogleDrive) e avere così uno sguardo complessivo sull’intera organizzazione. Questa possibilità si è rivelata fondamentale specialmente in una prima fase poiché, sempre per tutelare la privacy, non potevamo avere più di una lezione alla volta visto che avevamo solo un link “Usignolo” da poter utilizzare (e non uno per educatore/bambino). Erano giorni strani, non c’era più sabato o domenica, tant’è che abbiamo fatto lezione sia al mattino che la sera, e persino il giorno di Pasqua. In questo modo potevo assistere all’inizio delle lezioni e, chiedendo di parlare con i genitori, riuscivo a capire come stavano, se avevano dei bisogni e di che tipo. La condizione famigliare e psicofisica dei bambini era poi quello che più interessava non solo a noi, ma anche al mondo dei Servizi Sociali e alla scuola. Il “progetto usignolo” è infatti nato all’interno dell’Oratorio di Nembro, ma negli ultimi anni ha iniziato a creare delle strette collaborazioni con Caritas, Patronato San Vincenzo e Centro Ascolto. Questi progetti di aiuto sociale hanno oggi la stessa regia di coordinamento e questo mi ha permesso durante la pandemia di fare da tramite tra le famiglie in difficoltà e gli enti che potevano aiutarle. Questo lavoro in rete, iniziato per noi tre anni fa e di cui non comprendevo fino in fondo il potenziale, si è rivelato in questa situazione emergenziale di grande valore. Abbiamo compreso fino in fondo l’importanza del dialogo tra associazioni e del lavorare in rete.

Da ottobre 2020 abbiamo, vista la diminuzione dei casi, abbiamo continuato con i nostri volontari storici e, stando molto attenti ai turni, al distanziamento e ad abbinare sempre lo stesso gruppo di bambini con il medesimo volontario, abbiamo ripreso le lezioni in presenza. Purtroppo, questa ripresa è durata solo tre settimane, perché poi, con l’aumento dei casi, abbiamo dovuto sospendere nuovamente gli incontri. Questa volta, però, ci eravamo preparati per tempo. Nelle settimane precedenti, grazie all’aiuto dei nostri ragazzi, abbiamo “connesso” tutti i volontari che si sono resi disponibili e che non erano affatto avvezzi agli strumenti informatici. Adesso la piattaforma permette la pianificazione e lo svolgimento di più lezioni in contemporanea, il ché ha semplificato molto l’intera organizzazione. Ogni volontario ha infatti ora un codice personale e ciascun bambino, all’ora prestabilita, clicca su quel link per poter avviare la chiamata.

Ci sono ovviamente dei limiti pratici, non possiamo nasconderlo. Il compito fatto, per esempio, non sempre viene rivisto dal volontario perché non è affatto semplice anche solo condividere immagini istantanee. In questi casi, però, la complicità che nel tempo si è creata fra volontario e famiglia è tale da pensare a degli escamotage per ovviare al problema, magari fuori dagli schemi, ma se serve per aiutare i bambini va bene anche così: è un modo alternativo anche per creare comunità e integrazione. Più di prima, in questo periodo si sta creando infatti un senso di comunità e integrazione basato su rapporti costanti e comunicazione diretta. Oggi continuiamo con gli spazi dedicati all’aiuto compiti, ma è venuto meno il sostegno rispetto alla consegna a domicilio del materiale scolastico, visto che la situazione attuale permette comunque maggiori spostamenti. Rimaniamo comunque sempre disponibili e rispondere a qualsiasi necessità ed è nostra cura fornire tutto l’aiuto che possiamo.

Con l’allentamento delle restrizioni, stiamo cercando oggi di offrire un aiuto specifico ai bambini che ne hanno un disperato bisogno. Abbiamo riscontrato molto spesso un analfabetismo informatico molto grave che si trasforma nell’impossibilità per i bambini di seguire qualsivoglia lezione. Abbiamo sempre fatto tutto il possibile per accogliere tutti e sempre, ma adesso purtroppo dobbiamo accogliere prima di tutto solo chi ne ha un reale bisogno. Il lato positivo nel negativo è che chi viene sta apprendendo molto. Anche i limiti della video-lezione vengono infatti superati dai benefici di avere un educatore per ciascun bambino e dunque delle lezioni costruite sulle necessità del singolo utente e dei suoi bisogni.

L’aspetto su cui vorrei puntare l’attenzione è la voglia di questi volontari, spesso persone anziane, di tornare ad aiutare i nostri bambini per dare un senso ai loro giorni, per riprendersi quella prospettiva futura a cui erano abituati e godersi gli anni che hanno ancora davanti vivendo a pieno e sperimentando ancora. La voglia di smettere di vivere sospesi e ricominciare, con tutte le precauzioni, a fare esperienze. D’altra parte, vorrei sottolineare quanto sono stati bravi i bambini. Nelle tre settimane che abbiamo riaperto sono stati diligenti e attenti nel proteggere se stessi e gli altri. Stupisce la capacità di accettare il cambiamento e il rispetto verso l’altro.

Sopravvive chi si adatta, mai come in questo caso.